Nastri d'infinito

INTRODUZIONE
Rossana, dal greco Roxane, ovvero colei che splende. Destino vuole, che la poesia di Rossana Melani non abbia ambizione maggiore di questa: illuminare l’ambiente circostante, i cuori, i cervelli, soffiare luce sulle tenebre che avvolgono il prossimo, come se volesse scoperchiare l’epidermide per dimostrare un substrato luminoso, un più alto grado della coscienza.
Rossana, non potendosi estraniare dal sentire, è costretta a fare i conti con l’incombente sublimazione che chiede di essere attuata. Ed ecco giungere la poesia, ecco la parola, il coraggioso miraggio di congiunzione tra l’oggetto del desiderio e l’essere sognante. Io avverto nei versi di Rossana che l’utopia di cancellare la sofferenza con un colpo di spugna è accarezzata, venerata quasi. L’uomo dio che ne trapela è un uomo semplice, nessun potere straordinario, nessuna perfezione spirituale. Il compagno ideale è un individuo consapevole dell’umano essere, che senza pregiudizio né timore si abbandona al divampare della passione, scegliendo di renderla irrefrenabile, e si glorifica in una sorta di danza istintiva a due corpi e due anime, che diviene estasi, perché Rossana cerca l’integrità dell’amore: sensualità, passione, tenerezza, in un’unica voce che accolga la sua voce. Questa ricerca è tormentata, spietata, è come una primavera che sfida l’inverno, e combatte contro una realtà svantaggiosa e del tutto antagonistica. Il suo bisogno di scrivere, bisogno fisiologico, io lo conosco. È questa una poesia che non perdona.
Se ascoltate attentamente ciò che questi versi non dicono, forse anche voi sentirete: “credetemi... funziona”.

Andrea Bassani