Porcelain
Storia della mia vita
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- 10,99 €
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Beschreibung des Verlags
Se c'era uno che difficilmente avrebbe potuto sfondare come DJ e musicista nei club newyorkesi a cavallo tra gli anni Ottanta e i Novanta, quello era Moby. Era la New York del Palladium, del Mars, del Limelight e del Twilo, un'epoca edonistica e sfrenata in cui la dance era ancora sostanzialmente un fenomeno underground, radicato soprattutto nella comunità operaia afroamericana e latinoamericana. E poi c'era Moby, che oltre a essere un ragazzino bianco pelle e ossa proveniente dal cuore del Connecticut era un cristiano devoto, vegano e astemio. Quello è stato forse l'ultimo periodo in cui un artista poteva vivere con nulla a New York: l'era dell'AIDS e del crack, ma anche di un sottobosco culturale provocatorio e festoso. Non senza complicazioni, Moby trovò la sua strada, una strada accidentata e lastricata di eccessi sciagurati – ma, col senno di poi, anche spassosi – che lo avrebbe portato a un successo quanto mai effimero. Ecco perché sul volgere del decennio Moby contemplava già la fine, della carriera come di altre dimensioni della sua vita, una sensazione che incanalò in quello che pensava sarebbe stato il suo canto del cigno, il suo addio, l'album che in realtà era destinato a segnare l'inizio di una nuova e sbalorditiva fase, il mega-bestseller «Play».
Generoso quanto inesorabile nel raccontare un mondo perduto e il ruolo che vi ricopre il suo protagonista, Porcelain è al contempo il ritratto di una città e di un'epoca e una riflessione profondamente intima sul momento più carico d'ansia della vita di ciascuno di noi, quello in cui siamo soli e scommettiamo su noi stessi senza avere la minima idea di come andrà a finire, con il terrore di essere a un passo dal venire scaraventati fuori dalla porta. La voce di Moby trasuda sincerità, ironia e soprattutto una passione incrollabile per la sua musica, una passione che lo ha aiutato a restare a galla in acque molto agitate.
Porcelain è la storia di un successo raggiunto e perduto, amato e odiato. È la storia di un artista che trova le persone giuste e il suo posto nel mondo, e che quando crede di averli persi riesce, in preda alla disperazione e convinto che sia finita, a creare un capolavoro. Il racconto acuto, tenero, divertente e straziante del percorso che porta da una vita di periferia povera e alienata a una di splendore, squallore e successo nella scena dei club newyorkesi. Una rara autobiografia musicale capace di raccontare un'intera epoca e persino una dimensione eterna della condizione umana. E allora play.
PUBLISHERS WEEKLY
The gazillion record selling techno rocker recalls 10 alternately absurd and rapturous years breaking into the music biz in this exuberant memoir. Beginning in 1989, when he was squatting in an abandoned factory sending demo tapes into the void, and ending with his 1999 breakout hit, Play, Moby recounts his ascent through deejay gigs at New York dance clubs, where he achieved middling success with his electronic anthems for the rave scene. It's a story of crummy apartments, psychotic roommates, and no money the book is a love letter to chaotic 1990s New York and then of uninhabitable hotel rooms, muddy outdoor festivals, and stages hung with bloody goats' heads. Moby, a Christian, vegan, and teetotaller, is a monkish anomaly at the party, and though there are episodes of excess spinning at a swingers' party; his own stab at public sex his outsider status makes him a keen, clear-headed, and very funny observer of fleshpots. When he starts drinking heavily and consorting with strippers, he treats the turn neither as liberation nor descent, but as a new chapter that generates both regrets and insights. Moby's prose is honest, self-deprecating, and full of mordant wit, and when music is playing "My ears rang with the sound of ten thousand ravers in a field at dawn" it shines with exhilarating emotion.