Bibbia traduzione letterale: Ezechiele Bibbia traduzione letterale: Ezechiele
Bibbia, traduzione letterale

Bibbia traduzione letterale: Ezechiele

La Bibbia come non la avete mai letta

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Publisher Description

Caso quasi unico nella letteratura mondiale, la Bibbia non è mai riuscita a separare la fase della traduzione da quella dell’interpretazione. Probabilmente per l’ambiguità e per la mutabilità del contenuto, da sempre i traduttori hanno provveduto a inserire la loro interpretazione del testo spacciandola per autentica, non disturbandosi di riportare le proprie scelte interpretative, ma piuttosto aggiungendo note che allontanano ancora di più il significato dal testo originale: è caratteristica in ambito cristiano l’iniezione di contenuti del nuovo testamento o addirittura di speculazioni teologiche successive come lo spirito santo o le profezie. In questa opera, seguendo le indicazioni di Mauro Biglino, provvediamo invece a tradurre la Bibbia letteralmente. La regola generale per i termini non standard è che, ove una parola ebraica è presente in una singola istanza, oppure in parti diverse con significati diversi, o ancora nel caso che una qualsiasi traduzione potrebbe introdurre nel lettore un bias indesiderato, la decisione è quella di lasciare la parola in un originale fonetico in forma analoga alla versione di BibleHub, per uniformità. Questo è il caso ad esempio di: ‘ĕ·lō·hîm, Yah·weh, Šad·day, ‘El·yō·wn, Rū·aḥ, Kā·ḇō·wḏ, Mal·’aḵ.

Le persone di nomi, aggettivi e verbi seguono scrupolosamente l’originale ebraico, anche riguardo termini controversi come ‘ĕ·lō·hîm, Šad·day, ’Êl, senza risolvere arbitrariamente le contraddizioni. Il genere degli articoli e aggettivi resi in ebraico viene associato al genere del termine ebraico, e non a quello di una delle traduzioni in italiano; questo può naturalmente portare a ulteriori discrepanze del testo rispetto le traduzioni clericali. Nel caso particolare di ‘ĕ·lō·hîm, quando preceduto da articolo determinativo, si è deciso di renderlo sempre come ‘gli ‘ĕ·lō·hîm’, anche quando il termine regge un verbo al singolare. La soluzione appare quasi altrettanto insoddisfacente quanto coniugare l’articolo col verbo, per usare l’aggettivo singolare solo con il verbo al singolare, es. ‘l’‘ĕ·lō·hîm’, e in tutti gli alti casi al plurale, es. gli ‘ĕ·lō·hîm’, ma riteniamo la forma uniforme decisa essere preferibile dal punto di vista della leggibilità e dell’obiettività.

Ancora una lista di maledizioni anche nel libro di Ezechiele; nonostante sia introdotto in modo diverso dagli altri libri dei profeti, si finisce sempre a predire sciagure, pesti e stragi come sempre, questa volta nemmeno attribuendole a comportamenti specifici a differenza di come per le meno Geremia si era un poco ingegnato a proporre.

Il libro comincia in effetti con le immaginifiche per quanto alquanto intricate lessicalmente mar·‘ō·wṯ di ‘ĕ·lō·hîm a Ezechiele 1: 4-9 e segg., in cui si presentano, a seconda delle interpretazioni, macchine volanti con eliche tipo elicotteri a propulsione a razzo nella visione dei credenti negli antichi astronauti, oppure ancora più improbabili incarnazioni divine così simili a tecnologie moderne: essendosi prefisso il vostro umile traduttore di evitare di prendere posizione in in un senso o nell'altro, traduce consistentemente in forma letterale lasciando il lettore a darsi le sue risposte su come apparirebbe uno sbarco di alieni a qualcuno superstizioso che vivesse nell'antichità… Certamente, a leggere dai capitoli successivi, sembra un pretesto per vivacizzare i soliti discorsi già presenti ripetutamente negli altri libri, tuttavia la fantasia sembra troppo specifica e dettagliata per essere tale. Si confronti con la scala di Giacobbe o il turbine di Elia.

A Ezechiele 1: 22-23 si ripresenta il nostro ‘amico’ rā·qî·a‘, che avevamo lasciato a Genesi e che il traduttore continua a tradurre come firmamento, ovviamente evocando un qualche mistero per spiegare come un firmamento di stelle possa stare sulla testa di persone! Ovviamente un senso potrebbe essere la sua trasparenza per alludere a una sorte di cabina di vetro, ma qui prudentemente ci fermiamo.

Piuttosto interessante notare a Ezechiele 1: 28  come il profeta indichi che lo spettacolo ricordi un kə·ḇō·wḏ di Yah·weh implicando due cose: la prima è che conosceva o immaginava questo oggetto, la seconda che questo oggetto non era presente.

Si ignora chi parli a Ezechiele 2: 3, in quanto non si sono presentati né Yah·weh, né alcuno degli altri ‘ĕ·lō·hîm o il loro collettivo, nonostante questi sempre bastoni gli Israeliti sentendosi trascurato, come capitava ai precedenti.

A partire da Ezechiele 2: 4 occorrono numerose presenze della forma ‘ă·ḏō·nāy Yah·weh: ossia il signore Yah·weh che il traduttore monoteista, avendo già usato signore per il secondo termine, non può usare anche per il primo per avere signore signore e quindi traduce avventurosamente come Signore Dio, quasi si trattasse del Yah·weh ’ĕ·lō·hîm della Genesi.

Sarebbe stato bizzarro a Ezechiele 2: 10 se sul rotolo ci fosse stato scritto altro che lamenti, cordoglio e vergogna! Certamente occorre affrontare questo sezione della Bibbia con moderazione, se non si vuole rischiare una depressione.

A Ezechiele 4: 1-3 compare descritta una forma di rito di magia nera vudù a base di riproduzioni di eventi per produrre un effetto sulla realtà, come si faceva infilzando un bambolotto con spilli per danneggiare la persona ad esso associata.

Interessante, come si legge a Ezechiele 4: 14 il peccato sia rappresentato dal mangiare carne di animale morto da solo o strappato da altri animali, quando questa sia piuttosto un misura igienica. E non naturalmente nessuno tra in numerosi divieti posti in tutto il libro che in effetti vengono seguiti a tempi alterni, essenzialmente a posteriori per giustificare il potere di qualcuno su qualcun altro o un evento nefasto.

Una bizzarra forma, ancora più bizzarramente resa dal traduttore per le “famiglie” a Ezechiele 5: 4 . La traduzione effettiva è quella nel testo in quanto la frase successiva è ben delimitata. La traduzione CEI prende invece la seconda parte della frase e la attacca al verso successivo come oggetto, infischiandosene di numerose preposizioni. Ma se si leggesse che la Bibbia dire che con una ciocca di capelli si può bruciare un’intera casata, forse i fedeli dubiterebbero che si tratta di un testo di verità, o forse i teologi si sono stancati di introdurre ancora un altro mistero e oggetto di fede.

Da notare come in Ezechiele 6: 13 si ripete la forma ‘soave profumo’, anche in Italiano, riferito a ciò che nel Pentateuco deliziava Yah·weh in persona: probabilmente anche qui grasso bruciato, sebbene non entrino nei particolari. Certo strano pensare che si bruciavano le stesse cose per un essere in carne e ossa, come si dice che Yah·weh in quel tempo fosse, e ora per idoli di pietra. In quest’opera mi ripropongo di rimanere legato al testo senza voli pindarici, e lascio quindi al lettore la più semplice delle spiegazioni.

In varie sezioni, compreso il passo a Ezechiele 7: 9 si introducono passi, già presenti nell’ultimo libro delle Lamentazioni, in cui si presentano comportamenti essenzialmente vendicativi ed efferati per confermare che chi lo fa è il signore Yah·weh. Ora penso che chi sia arrivato fino a questo punto abbia compreso come la nozione del Dio buono descritto dal Cristianesimo sia una bufala campata in aria, ma certo leggere che il Dio ineffabile, indescrivibile, inconoscibile, onnipotente, eterno ecc. ecc. venga descritto come un mafioso, fa di certo un certo effetto.

Curioso come a Ezechiele 7: 21 si minaccino i cattivi con il fatto che i loro beni andranno a… cattivi! In definitiva Yah·weh si sarebbe pure potuto risparmiato la fatica… Fa del resto il paio con precedenti affermazioni per cui chi si allontana da Yah·weh sarà allontanato da Yah·weh

A Ezechiele 8: 3 alcuni studiosi potrebbero leggere il trasporto su mezzi tecnologici paleoastronautici, ma il vostro umile traduttore è spinto a ritenere si tratti solo di film mentali nella testa di Ezechiele evidentemente soffrente di qualche forma allucinatoria. Semmai strano che, a differenza delle altre volte, in questa occasione si trovasse in compagnia di anziani, che evidentemente nulla avrebbero detto rispetto a un Ezechiele che prende il volo, sia esso per una mano soprannaturale o per una sorta d'elicottero. Peraltro in questo verso si cita una fantomatica poltrona della gelosia, a cui mai si è fatto riferimento precedentemente, e siamo lasciati a interrogarci su cosa si tratti.

A Ezechiele 8:12 un’interessante contraddizione: si rimprovera a questi di dubitare che Yah·weh sia presente e di pensare che abbia lasciato la terra/paese per punirli a nome di Yah·weh stesso. Ora è abbastanza naturale riflettere che se questi fosse abbastanza reale da impartire punizioni, lo sarebbe anche abbastanza da essere senza senso dubitarne la (persistente) presenza! Anche interessante rilevare come questi non affermino che non esista, ma che non sia eterno o che non sia più vicino, evidentemente sulla base della lettura del Pentateuco. Del resto, dopo quei libri, di Yah·weh si parla solo nei sogni e farneticazioni di profeti vari, quando nei libri precedenti, dopo la prima parte della Genesi dove in effetti si riportano storie relative a Yah·weh, e agli ‘ĕ·lō·hîm, come parti attive, si mettevano in atto artifici lessicali o tecnologici per far finta che esistesse in senso relativamente oggettivo.

Si potrebbe rispondere a Yah·weh a Ezechiele 8: 17, "senti chi parla". In effetti non sembra al vostro traduttore che alcuna delle pratiche censurate sia particolarmente violenta, in ogni modo decisamente meno di quelle raccomandate da Yah·weh stesso: dallo sfracellare i bambini contro un muro, ad uccidere tutti gli abitanti di villaggi indifesi e così via massacrando.

A Ezechiele 9: 4 si arriva all'assurdo di sterminare chi non è disperato e si lamenta, quasi la gioia fosse una colpa. Forse da impulsi come questi nasce l'abitudine degli ebrei di lamentarsi e piangere come mezzo per risolvere tutti i problemi.

E finalmente anche il nostro nuovo amico si scatena in Ezechiele 9: 5-6 non semplicemente deliziandosi degli stermini da parete degli altri popoli come i profeti precedenti, ma rendendo Yah·weh ispiratore di essi nuovamente senza riguardo per donne e bambini, i quali evidentemente finiscono sterminati come bonus, visto che non si saprebbe come potessero rendersi conto dei supposti abomini e ancora più piangere per essi.

Al verso successivo a Ezechiele 9: 7 il profeta prova ipocritamente a convincere Yah·weh, ovviamente dando la colpa a lui per i massacri compiuti, cercando così di dare a ciò un senso comprensibile e gestibile dal popolo, ma naturalmente nulla sappiamo dei carnefici, visto che uccidere ebrei era una pratica piuttosto comune a quel tempo e Yah·weh è un ottimo strumento a cui dare la colpa per tutto, come era ancora fino a poco tempo fa'.

A Ezechiele 10: 2 siamo lasciati ad interrogarci su cosa siano questi carboni di fuoco - non ardenti come nella traduzione canonica - che  vengono posti in faccia e portati via - anche la traduzione come “in mano” è scorretta, la parola è p̄ə·nê che significa molte cose, ma mai mano.

A Ezechiele 10: 3 si possono tranquillamente scatenare le fantasie di chi veda il resoconto di sbarchi di alieni, con tanto di razzi e loro fumo. Come noto il vostro umile traduttore non prende posizione ma, se è fantasia, il nostro deve aver ricevuto roba buona…!

Ezechiele 10: 5 è molto interessante. In effetti il paragone con la voce di ’êl šad·day è iperbolica, come ancora noi facciamo ad esempio esclamando : "fa un rumore della madonna" nei confronti di un motociclista indisciplinato. Di conseguenza si deduce che l'oggetto paragonato sia qualcosa di assolutamente reale, che non abbia nulla a che fare col divino usato come paragone. Si nota passando come sia questa una delle realmente pochissime (28) citazioni di ’êl šad·day in tutto il testo biblico.

Il vostro umile traduttore ha cercato davvero con impegno a trovare cosa ci sia di censurabile a Ezechiele 11: 3. Prima si diceva di uccidere chi era felice, dopo aver ucciso chi sosteneva che Yah·weh se ne fosse andato, ora ci si predispone a uccidere chi è disperato. Penso che anche il più religioso dei lettori non possa non rilevare quanto i comportamenti siano solo un pretesto per uccidere i propri nemici impunemente.

A Ezechiele 12: 23 Yah·weh, o chi millanta di parlare a suo nome, diventa particolarmente spregiudicato: dichiara che finalmente quanto aspettano gli Israeliti si avvererà, senza ovviamente che ci sia alcun segno che ciò sia avvenuto, né tantomeno attestazioni che si tratti di parole vane, e così miliardi di persone aspettano ancora in ogni parte del mondo questi portenti, una parte di questi avendo anche trasformato tale aspettativa in quella pretesa bizzarra, e che non c’entra nulla, come a questo punto del testo dovrebbe essere anche chiaro a tutti, di avere una vita dopo la morte!

Si mostra a Ezechiele 14: 4 come Yah·weh lo senta solo Ezechiele, nonostante gli anziani siano lì con lui. Risulta quindi abbastanza evidente come le sue parole se le inventi di sana pianta, essendo difficile che da sveglio si metta a sognare, altra fonte di informazioni eccentriche.

A Ezechiele 20: 26 una nuova contraddizione rispetto ai numerosi passi nei quali Yah·weh contestava che gli altri ’ĕ·lō·hîm facevano passare i bambini per il fuoco, ma lui no. In questo passo il fuoco è comunque omesso per quanto aggiunto nelle traduzioni canoniche, visto che non si capirebbe dove altrimenti potrebbero essere fatti passare i bambini appena nati come punizione. Da notare che qui si contraddice anche la dichiarazione di pochi passi prima per cui era errato il proverbio che la colpa dei padri ricadesse sui figli, a meno che bambini appena nati non fossero considerati esseri umani. Cosa comunque da non rigettare a priori in un ’ĕ·lō·hê così selvaggio e crudele.

La sezione a Ezechiele 21: 1-5 non è presente nel testo ebraico, il cui capitolo 21 inizia al presente paragrafo 6. In generale la traduzione tradizionale di questo intero capitolo diverge in modo sostanziale dal testo ebraico qui tradotto.

A Ezechiele 21: 32 una interessante frase sibillina che sono sicuro l’interprete monoteista valorizzerà opportunamente per leggerci una profezia dell’avvento del Cristo.

A Ezechiele 22: 25 le traduzioni canoniche prendono l’iniziativa traducendo Nā·ḇî, qui al partitivo, come principi, in luogo dell’usuale profeti, forse aborrendo una cospirazione dei supposti emissari della divinità...

A Ezechiele 23: 47 un nuovo caso di mancata concordanza tra il numero del soggetto e quello del verbo: con compagnia singolare che regge una serie di verbi al plurale, per mostrare ancora una volta come il fatto di avere un verbo di un certo numero non da alcuna garanzia sul numero del soggetto che di conseguenza è definito dalla sua stessa desinenza singolare o plurale senza alcuna difficoltà e/o mistero.

A Ezechiele 24: 8 lo strano verbo נָתַ֥תִּי (nā·ṯat·tî) evidentemente alla prima persona singolare, come tradotto in questo testo quando, per evitare evidentemente problemi, la traduzione canonica lo rende alla terza persona singolare, quasi fosse un’infrazione commessa. Al contrario dal testo originale sembra che sia piuttosto lo stesso Yah·weh a compiere tali azioni per suscitare la sua stessa collera! Evidentemente tra i misteri che la teologia non vuole affrontare…

Si potrebbe esclamare: "Bella consolazione" a Ezechiele 25: 7 . In effetti è curioso come si debba sapere che lui sia Yah·weh nell'atto di essere distrutti.

A volte il discorso di Yah·weh vira sull’umoristico, per quanto nero, come in Ezechiele 25: 12-13 dove si contesta a Edom la sua vendetta e come si risponde?! Ma naturalmente vendicandosi! Questa si chiama ovviamente faida, molto peggio dell’occhio per occhio, dente per dente che gli si rimprovera normalmente.

Si nota anche a Ezechiele 26: 11 il termine plurale femminile maṣ·ṣə·ḇō·wṯ che regge il verbo singolare tê·rêḏ (תֵּרֵֽד׃), non diversamente da quanto a volte avviene con il termine plurale maschile ‘ĕ·lō·hîm.

Curiosamente a Ezechiele 27: 23 ‘E·ḏen viene citato come un territorio come gli altri.

A Ezechiele 28: 1-2 una simpatica dialettica tra i termini singolare e plurale ’êl ed ‘ĕ·lō·hîm che prendono naturalmente un chiaro senso quando intesi così, mentre richiedono al traduttore canonico un certo sforzo per sostituirli con termini che non pregiudichino la teoria dell’unicità divina. Altro elemento interessante è come qualcuno possa ritenersi uno di loro se non è in qualche modo simile, cosa che con un Dio etereo come quello cristiano sarebbe vieppiù complicato.

A Ezechiele 29: 10 una delle numerose smargiassate in cui Yah·weh, o chi parla per lui occasionalmente si lancia: questa volta di una certa rilevanza in quanto dichiara di distruggere praticamente l’intero medio-oriente come potrebbe riuscire solo con una decina di ordigni termo-nucleari; cosa che né la storia contemporanea da altri fonti, né l’archeologia conferma.

A Ezechiele 29: 12 una simpatica situazione in cui miṣ·ra·yim viene, una volta come di solito, tradotto come Egitto, mentre in altre in forma grammaticalmente corretta come Egiziani. Nel testo trovate naturalmente la resa originale, potete controllare sulle vostre Bibbie.

A Ezechiele 30: 9 compare di nuovo la parola mal·‘ā·ḵîm nella forma di entità inviate su navi da Yah·weh che curiosamente vengono questa volta ordinariamente resi nelle traduzioni clericali come messaggeri, piuttosto che con il caratteristico termine angeli, forse risultando strano per i traduttori a tema visualizzare angeli che si muovano a bordo di navi. Certamente questo verso mostra in modo del tutto chiaro l’arbitrarietà delle traduzioni alla base della religione di miliardi di persone. In generale vediamo come profezie aperte vengano sempre realizzate: ad esempio per la punizione dell'Etiopia si potrebbe considerare la sua conquista con diffusione di gas nervini, oppure la crisi economica attuale. Curioso che nessuno se ne sia ricordato al tempo della conquista Fascista per far diventare Mussolini un sorta di inviato di Yah·weh, come Nabuconodosor!

Il lettore del 2022 non può non pensare , leggendo Ezechiele 30: 11, ai massacri in Ucraina da parte della Russia.

A Ezechiele 30: 23 il traduttore monoteista torna a ‘impiccarsi’ sul termine miṣ·ra·yim non potendo qui tradurlo in modo diverso da Egiziani, a differenza della altre volte dove si affanna a tradurlo con il singolare Egitto.

Da notare che in Ezechiele 31: 9, a differenza dei paragrafi precedente, ‘ĕ·lō·hîm è proceduto dall’articolo determinativo הָ (hā·), da questo la resa come ‘degli ‘ĕ·lō·hîm’; naturalmente il traduttore monoteista fa tranquillamente finta di nulla rendendo in entrambi i casi con Dio, naturalmente al singolare, ignorando tanto l’articolo che la desinenza plurale. Anche l'interpretazione per cui il prefisso vada inteso come "il vero" lascerebbe pensare che i primi due giardini fossero di dei falsi e il terzo del dio vero senza che questo abbia alcun senso. Ma la questione fondamentale è che questo discorso sarebbe stato pronunciato da Yah·weh, e questo contraddice abbastanza ovviamente l'identità sostenuta dai clericali tra questi e gli ‘ĕ·lō·hîm, in caso contrario non avrebbe senso citarli, potendo ovviamente arrogare la faccenda a se stesso. A meno ovviamente di soffrire di un disturbo di personalità.

Ezechiele 31: 11 ci lascia a domandarci chi sia questo ’êl delle nazioni e il motivo per il quale Yah·weh senta l'esigenza di avvalersi della collaborazione di un concorrente. La resa clericale come Potente invece dell’usuale Dio, propria del termine, non risolve alcunché, lasciando ugualmente a domandarsi chi sia questo potente; o forse no visto che c’è sempre la via d’uscita della profezia sul Redentore Cristico, per quanto con proprietà vendicative che non appartengono alla sua tradizione.

A Ezechiele 32: 27  si mostra in tutta la sua chiarezza il carattere militaresco della vita e della morte indicato da Yah·weh ponendo il contrasto tra chi scende in šə·’ō·wl con le proprie spade e le vittime della profezia che hanno le spade collocate sotto la loro testa e le iniquità sulle loro ossa. Da notare il goffo tentativo dei traduttori monoteisti di stemperare questo significato fino al punto di legger iniquità come scudi e per unificare le due classi di individui. Potete controllare il verso su una versione tradizionale.

A Ezechiele 34: 23-31 un rarissimo passo in cui il Ezechiele, o anche i profeti che lo hanno preceduto nella stesura, piuttosto che preannunciare maledizione, dichiara buoni propositi anche se non vanno oltre normali condizioni di sopravvivenza per popoli primitivi.

Ezechiele 35: 5 è interessante per due aspetti. Il primo è l’uso del termine ‘ō·w·lām nel termine proprio di “lungo tempo, tempo indefinito” che il traduttore questa volta si guarda bene dal tradurre come “Eterno”. Il secondo è la curiosa punizione per quanti hanno punito la casa di Yiś·rā·’êl seguendo le stesse indicazioni di Yah·weh per la sua iniquità: in pratica si seguano o non si seguano gli ordini di Yah·weh si viene puniti comunque...!

A Ezechiele 37: 7-10 probabilmente l’ispirazione per i molti film e racconti sugli Zombi, per quanto, da quanto si vede nei paragrafi successivi, assai probabilmente quella riportata è un’immagine mentale, piuttosto che il resoconto di ombre che tornino in vita come nel capolavoro di Tolkien per un un antico giuramento.

A Ezechiele 40: 2 il profeta da segno di aver accesso a droghe molto potenti, oppure di soffrire di gravi disturbi di personalità, oppure ancora di molta fantasia. Il tutto banalmente per riprodurre con un poco di movimento gli analoghi brani nel pentateuco, spesso usati per descrivere l’ă·rō·wn e il tempio di Yah·weh, verosimilmente arbitrari e con l’obiettivo di dare al resoconto di Ezechiele credibilità al modo di quanto fanno gli imbonitori per cercare di vendere una crema miracolosa.

A Ezechiele 44: 3 potrebbe essere identificata una delle possibile profezie (fasulle) sull’avvento del Messia. Peccato che qui il termine usato non è nemmeno il controverso Mā·šî·aḥ (מָשִׁ֥יחַ) quanto addirittura il semplice e per nulla controverso termine nā·śî (נָ֥שִׂיא) attestato come principe in tutta la Bibbia senza alcun fremito.

A Ezechiele 47: 22 una curiosa prescrizione di Jus Soli, evidentemente non più presente tra gli ebrei contemporanei.

GENRE
Religion & Spirituality
RELEASED
2018
19 April
LANGUAGE
IT
Italian
LENGTH
117
Pages
PUBLISHER
None
SIZE
15.6
MB

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