L’antro siel del mondo
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Descrizione dell’editore
(…) Si comprende allora perché Crico abbia eletto proprio il
bisiàc a lingua della sua poesia questo idioma che, sopravvissuto
e modernizzato nella parlata odierna, quasi nessuno più
comprenderebbe nella forma che Ivan gli dà. Come il poeta
scriveva già in una delle sue prime raccolte, nel silenzio /
dell’attesa, ritornano a fiorire / nuovamente suoni / passati, che credevo /
sepolti chissà dove, nelle vuote / fenditure del tempo. Come la luce
improvvisa luce di ceri antichi o la voce che irrompe nella
quiete del paesaggio, dando per la prima volta e per un fugace
istante un volto alle cose sopite, così la lingua che giaceva
sepolta chiama, si fa ciaro de quei che i xe ’ndadi.
Essa risale da un fondo, da zorni che i xè drìo: come nei versi di
Pasolini che Crico fa suoi, i venti erano contrari / e parlavano in italiano.
Non si tratta, allora, di una lingua altra, estranea al poeta e al suo
linguaggio, ma dell’antra vita che in mi rispira (…).