L'intuizione infinita
Saggio sugli spazi soggettivi
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Descrizione dell’editore
Esiste qualcosa come una psicanalisi scientifica?
La domanda non attrae l’interesse della cultura corrente, cui basta che la psicanalisi funzioni da tecnica terapeutica, codificata in una professione, per alleviare il male di vivere, e, quanto alla scienza, nutre una sana diffidenza, come per un tabu.
Non discuto l’opzione pratica: la psicanalisi si giustifica pienamente come psicoterapia. La scienza, invece, non ha giustificazioni pratiche, anche quando abbia applicazioni pratiche, essendo essenzialmente la soddisfazione della curiosità fine a sé stessa del soggetto che la pratica.
Sarebbe così anche per una psicanalisi scientifica, se esistesse? Per esempio, una psicanalisi intesa solo come ricerca sull’inconscio e sulla struttura degli oggetti del desiderio? C’è un oggetto senza applicazioni pratiche che potrebbe essere comune a scienza e psicanalisi? Potrebbe essere l’infinito, si sostiene in questo libro. Singolare oggetto, l’infinito, del quale da qualche millennio restiamo in gran parte ignoranti, anche nel senso attivo di non volerne sapere, favoriti in questo dall’essere un oggetto non concettuale e poco pratico per le esigenze della vita quotidiana. L’infinito non è merce di scambio; non è un bene che si monetizzi. Ha anche poco valore d’uso. “Ti voglio un bene infinito”, ma nessuna donna ci crederebbe, ammesso che qualche spudorato lo dica.
Forse la psicanalisi non è estranea alla vicenda storica e scientifica dell’infinito; forse sa qualcosa delle resistenze che hanno accompagnato l’infinito a integrarsi nella cultura. Queste sono solo congetture. Esplorarne le implicazioni è il tema che si è posto l’autore di questo libro, psicanalista freudiano di formazione lacaniana, ma critico delle formazioni psicanalitiche classiche, ignoranti dell’infinito, ma gettonate dalle scuole di psicanalisi vigenti.