Spin 11/10
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Descrizione dell’editore
Serpeggia da sempre nella poesia la diabolica luce dell’antipoesia,
ovvero della tentazione di urtare, spiazzare, confondere il lettore
fino al punto di creare nella sua mente un’irritazione, un disgusto
che gli faccia chiedere a che punto le parole si giocano in ogni
momento la loro ampia malafede in cambio di una raggiunta
sublimazione.
Ci hanno provato, ci provano in molti. Tipaldi ci riesce. Riesce a
procuraci un fastidio, una discordanza che non siamo capaci di
ridurre a ideologia, a pratica preconfezionata, a esercizio da
leggere in chiave.
Non è fatta per piacere a qualcuno, questa poesia, né per trovare
le parole della propria vita, ma per farci ricredere (e reagire)
riguardo il nostro “abitare poeticamente” le ben strutturate
abitudini insediate nella pratica della lingua.