La ragione freudiana: III. Il mito di Crono
Principi di clinica psicanalitica
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Descripción editorial
La ragione freudiana – pubblicata la prima volta nel 2015, e che ora riappare in una nuova edizione – raccoglie in tre volumi gli scritti in cui Perrella, nell’ultimo decennio del secolo scorso, aveva riassunto il proprio ripensamento delle posizioni teoriche di Freud e di Lacan, nella prospettiva della situazione attuale della psicanalisi, soprattutto in Italia.
Il mito di Crono. Principi di clinica psicanalitica s’interroga su ciò che la psicanalisi, fin dal tempo di Freud, seguendo la medicina, ha chiamato clinica, vale a dire sulle forme fondamentali del disagio, che per Perrella non sono tre – nevrosi, psicosi, perversioni – ma quattro, perché alle tre patologie tradizionali se ne deve aggiungere una quarta: quella che solitamente viene chiamata melanconia o depressione, e che qui viene chiamata dipendenza, perché tutte le dipendenze e le contro-dipendenze (come i disturbi alimentari) sono delle sue varianti.
Le situazioni di disagio delle quali gli psicanalisti sono chiamati ad occuparsi, certo, si trasformano nel tempo. Oggi non si trovano più dei perfetti corrispondenti delle isterie o delle nevrosi ossessive descritte da Freud alla fine dell’Ottocento. Ma i principi della clinica psicanalitica – che non è che un sottoprodotto dell’etica della psicanalisi – sono esattamente gli stessi.
L’importanza etica del mito di Crono, che divora i propri figli, non è mai stata riconosciuta dalla tradizione della psicanalisi, che si è sempre accontentata del riferimento attenuato al mito edipico, dimenticando che anche questo evoca, prima del parricidio, l’uccisione a cui era stato Laio a condannare il figlio, proprio perché questi non lo uccidesse, come invece aveva previsto l’oracolo e come, di fatto, avvenne.
La patologia – insomma la limitazione preliminare della nostra libertà – deriva quindi dall’odio: prima da quello che i genitori hanno per figli, che da quello che i figli non hanno tutti i torti a riservare ai propri genitori.
L’esperienza della psicanalisi servirà a riconciliare i figli con i loro padri. È quella che Freud chiama la Versönung: parola tedesca che evoca subito, per la sua stessa derivazione etimologica, la filiazione. Il compito della psicanalisi, quindi, non è mai la terapia, ma la formazione di coloro che, grazie alla psicanalisi, potranno divenire a propria volta capaci d’essere, se non padri, almeno formatori delle generazioni di domani.