Un Correttore a Roma
Descripción editorial
Ci sono molti modi di rappresentare un ricordo: le brumose spiagge di Balbec della Recherche proustiana, la nebbia goliardica di Fellini in Amarcord, il semplice intrecciare racconti e ricreare, con pennellate di colore vivace, persone e luoghi che stanno scomparendo.
L'autore, nato a Roma, anzi, nato a "Ponte Mollo" nel 1930 (l'attuale Ponte Milvio, oggi restaurato sullo stile dei ponti parigini...), e vissuto nell'ambiente popolare di coloro che dovevano confrontarsi con il fascismo, con le falsità e con le parate, senza tuttavia perdere quello spirito mordace tipicamente romanesco, riesce a comunicare al lettore non una singola storia, bensì l'odore e il sapore delle storie di un intero quartiere.
I fatti della vita non hanno consentito a Carlo Sisti di perseguire quella laurea in legge auspicata in famiglia, e ci riesce davvero difficile immaginarlo in veste di avvocato disincantato, in un'aula di tribunale o in uno studio legale: da ragazzo, col suo carattere di un Peter Pan a volte giocoso, a volte spietato nei giudizi politici o in nei casi in cui si imbatte nella falsità di fondo delle cose, ha lasciato gli studi ed ha iniziato a lavorare nelle tipografie, legando pacchi di riviste, e imparando il mestiere (ormai rarissimo) di correttore di bozze.
Fu proprio questa capacità, unita alla passione per la filosofia e la storia, alle innumerevoli letture, alle lunghe discussioni politiche con la sorella Adriana, morta di cancro a soli quarantasette anni, a permettergli l'entrata in un club priveé, un mondo riservato a pochi eletti quale era, a quei tempi, il quotidiano "L'Unità". Le storie e l'ambiente di una sinistra "col maggiordomo" saranno oggetto dell'altro suo "romanzo di ricordi": Italia semiseria.
Il fascismo, dunque, nelle pagine di questo Anni '40 e '50, ma anche il dopolavoro dei tranvieri di Ponte Milvio, il malizioso gioco del dottore fatto di nascosto in un sottoscala, l'esilarante episodio del professore tedesco, le disavventure di Pangiallo, per non parlare della prima visita ai casini romani, animano non una sorta di "educazione sentimentale", ma una "educazione alla vita": quella che riusciamo ancora a scorgere appoggiandoci, in una mattina qualsiasi, ai parapetti di quel Ponte, lasciando scorrere lo sguardo dal marmo protervo di Corso Francia al tranquillo Tevere che prosegue sornione il suo corso.