Il principe e il pescatore
Pio XII, il nazismo e la tomba di san Pietro
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Nel giugno 1939, Pio XII (Eugenio Pacelli), da poco eletto al soglio pontificio come successore di Achille Ratti (Pio XI), annuncia ufficialmente l'avvio degli scavi sotto le fondamenta della basilica vaticana: proprio lì dovrebbe trovarsi, come attesta una tradizione antichissima, la tomba dell'apostolo Pietro, deposto sul colle Vaticano al tempo di Nerone (64 d.C.). L'operazione è condotta in un clima di riservatezza assoluta, davvero inconsueto per una ricerca archeologica. Il segreto continua e si rafforza negli anni più critici della seconda guerra mondiale, persino quando Roma, dopo il crollo del fascismo e la firma dell'armistizio con gli Alleati, viene occupata dai nazisti. Tutto ruota intorno alla figura di Ludwig Kaas, il monsignore a cui Pio XII affida la direzione di quei delicatissimi scavi, esponente di spicco del Partito cattolico di Centro all'epoca della repubblica di Weimar ma per nulla esperto di archeologia. Kaas è in contatto diretto e confidenziale con Josef Müller, un ignoto avvocato di Monaco: pur essendo estraneo al Vaticano, Müller scenderà più volte in aereo da Berlino a Roma e sarà ammesso a visitare la necropoli, mentre l'ingresso agli scavi resta inaccessibile a tutti, compresi i cardinali del Sacro Collegio. Grazie a documenti inediti o poco studiati di Pio XI ed Eugenio Pacelli, a quel tempo Segretario di Stato, Barbara Frale ricostruisce una vicenda complessa e a tratti oscura, alla quale non è eccessivo attribuire le caratteristiche del «giallo».
Chi era davvero l'enigmatico avvocato Müller e che rapporti aveva con la persona di Pio XII? Gli scavi alla ricerca della tomba di san Pietro nascondevano anche qualcosa di ben più delicato e politicamente importante? Quale esigenza indusse Pio XII a mettere tutti i lavori nelle mani di Ludwig Kaas? Proprio come accade durante le complicate fasi di uno scavo archeologico, quando un detrito o un frammento, di per sé marginali, acquistano di colpo un significato profonprofondo e insperato, così l'indagine dell'autrice sul rapporto tra Pio XII, il nazismo e la persecuzione degli ebrei si arricchisce pagina dopo pagina di nuovi dettagli e ipotesi interpretative, spesso trascurate dalla ricerca storica. La zona interessata dagli scavi, proprio perché «off limits», si rivelò infatti il contesto ideale per scopi del tutto imprevisti, primo fra tutti l'organizzazione di una rete informativa segreta che si opponesse alla barbarie nazista: più che attraverso condanne pubbliche o censure ufficiali espresse dalla Santa Sede (che pure ci furono), per Pio XII era quello l'unico modo per intervenire in maniera concreta in soccorso della comunità ebraica, affinché il più alto numero di vite umane potesse essere messo in salvo. Il principe e il pescatore risolleva interrogativi mai chiariti del tutto, riporta testimonianze e fonti di prima mano grazie alle quali il giudizio storiografico sul pontificato di Eugenio Pacelli può essere meglio inquadrato già alle radici del suo stesso esordio, dentro le complesse dinamiche che segnarono la vita di un'istituzione come la Chiesa cattolica in uno dei periodi più bui del Novecento.