Io e Betty
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Publisher Description
«Hodgman crea un ritratto indimenticabile di sua madre, Betty, inossidabile nonagenaria in lotta contro il lento disfarsi del corpo e della mente.»
The New York Times Book Review
«Il racconto umoristico e agrodolce delle cure di Hodgman per la sua anziana, irascibile madre.»
Vanity Fair
«Un memoir bellissimo. Non finirete il libro a occhi asciutti.»
People
È l’estate più calda da decenni, soprattutto nel Midwest, ma George decide comunque di tornare a Paris, Missouri, per festeggiare il novantunesimo compleanno della madre. Betty è malata, di un cancro che si fa strada molto lentamente, ma preferirebbe morire che chiedere aiuto o assistenza, soprattutto al figlio.
È proprio per questo, verificato l’inesorabile declino della vecchia signora nonché delle piante in giardino, che l’autore – cinquantenne editor di «Vanity Fair» e newyorchese convinto – decide di restare e prendersi cura di lei. Impresa non facile. George ricorda una giovane donna bionda, bella, sempre al volante della sua Impala, grande giocatrice di bridge, pianista eccellente, e vede ora una vecchia signora in ovvia sofferenza, fragile, ma ben decisa a fare le cose a modo suo, dalle sedute dal parrucchiere alla cura dell’obsoleto arredamento di casa. La comunicazione tra i due, spesso spassosa, sempre originale, è però resa difficile da qualcosa che non è mai stato detto: il silenzio sull’omosessualità del figlio, imposto dal padre, e necessario nella piccola comunità dell’America rurale, non ha però intaccato la corrente emotiva che passa tra madre e figlio. Finalmente liberi di amarsi e scontrarsi, grazie anche alla mancanza di inibizione di Betty, dovuta forse all’età, forse a un inconscio processo di riflessione.
Parte del memoir è dedicata in retrospettiva alla presa di coscienza e al difficile outing di George all’università prima, al lavoro poi: il racconto manca però dei toni afflitti, rivendicativi e drammatici delle confessioni letterarie del genere. Hodgman è proprio figlio di sua madre: lucido, ironico, sincero e poco incline a considerare la propria inevitabile condizione come una sventura.