Bibbia Traduzione Letterale: Isaia Bibbia Traduzione Letterale: Isaia
Bibbia, traduzione letterale

Bibbia Traduzione Letterale: Isaia

La Bibbia come non la avete mai letta

    • USD 3.99
    • USD 3.99

Descripción editorial

Caso quasi unico nella letteratura mondiale, la Bibbia non è mai riuscita a separare la fase della traduzione da quella dell’interpretazione. Probabilmente per l’ambiguità e per la mutabilità del contenuto, da sempre i traduttori hanno provveduto a inserire la loro interpretazione del testo spacciandola per autentica, non disturbandosi di riportare le proprie scelte interpretative, ma piuttosto aggiungendo note che allontanano ancora di più il significato dal testo originale: è caratteristica in ambito cristiano l’iniezione di contenuti del nuovo testamento o addirittura di speculazioni teologiche successive come lo spirito santo o le profezie. In questa opera, seguendo l'ispirazione di Mauro Biglino, provvediamo invece a tradurre la Bibbia letteralmente. La regola generale per i termini non standard è che, ove una parola ebraica è presente in una singola istanza, oppure in parti diverse con significati diversi, o ancora nel caso che una qualsiasi traduzione potrebbe introdurre nel lettore un bias indesiderato, la decisione è quella di lasciare la parola in un originale fonetico in forma analoga alla versione di BibleHub, per uniformità. Questo è il caso ad esempio di: ‘ĕ·lō·hîm, Yah·weh, Šad·day, ‘El·yō·wn, Rū·aḥ, Kā·ḇō·wḏ, Mal·’aḵ.

Le persone di nomi, aggettivi e verbi seguono scrupolosamente l’originale ebraico, anche riguardo termini controversi come ‘ĕ·lō·hîm, Šad·day, ’Êl, senza risolvere arbitrariamente le contraddizioni. Il genere degli articoli e aggettivi resi in ebraico viene associato al genere del termine ebraico, e non a quello di una delle traduzioni in italiano; questo può naturalmente portare a ulteriori discrepanze del testo rispetto le traduzioni clericali. Nel caso particolare di ‘ĕ·lō·hîm, quando preceduto da articolo determinativo, si è deciso di renderlo sempre come ‘gli ‘ĕ·lō·hîm’, anche quando il termine regge un verbo al singolare. La soluzione appare quasi altrettanto insoddisfacente quanto coniugare l’articolo col verbo, per usare l’aggettivo singolare solo con il verbo al singolare, es. ‘l’‘ĕ·lō·hîm’, e in tutti gli alti casi al plurale, es. gli ‘ĕ·lō·hîm’, ma riteniamo la forma uniforme decisa essere preferibile dal punto di vista della leggibilità e dell’obiettività.

Il Libro di Isaia (ebraico ישעיהו, ysha'ihàu; greco Ησαΐας, esaìas; latino Isaias) è un testo contenuto nella Bibbia ebraica (Tanakh) e cristiana in tutte le tradizioni.

È scritto in ebraico e, secondo l'ipotesi maggiormente condivisa dagli studiosi, la redazione definitiva del libro è avvenuta in Giudea nel V secolo a.C. ad opera di un autore ignoto, sulla base di maledizioni e testi precedenti di diversa origine:


Proto-Isaia (capp. 1–39): ca. 740-700 a.C. durante il ministero del profeta Isaia, in particolare nel contesto della guerra siro-efraimitica, esortazioni alla fiducia in Dio, trascendente e fedele;
Deutero-Isaia (capp. 40–55): 550-539 a.C., durante l'Esilio di Babilonia, esortazione al popolo oppresso, il "Servo di Yah·weh";
Trito-Isaia (capp. 56–66): 537-520 a.C. dopo il ritorno dall'esilio, maledizioni contro l'idolatria, speranza nella conversione delle nazioni pagane.

Il testo attribuito a Isaia è composto da un numero di profezie a brevissimo termine che hanno spesso acquisito vita propria. Non accettabile quindi la resa come presente o passato per i verbi delle traduzioni classiche in quanto non si tratta assolutamente di cronaca, anche nei rari casi nei quali il testo ebraico usa il tempo presente o ancora più raramente il passato. Naturalmente a parte quando l’autore riporta, spesso magnificandoli, gli eventi del passato auspicando che si ripetano. Questo testo riporta fedelmente il tempo del testo ebraico.

Buona parte del testo è costituita da maledizioni indirizzate ai nemici del popolo di Yiś·rā·’êl del tempo, partendo ovviamente dagli odiati Babilonesi, lo sfracello dei figli dei quali essendo stato già indicato come un delizia nei Salmi, per passare ai Moabiti, Damasco, probabilmente Numidia, Egitto e altri. Il lettore attento può verificare nei libri precedenti, cronologicamente successivi a questo libro, quante poche di tali maledizioni abbiano avuto effetto!

Interessante a Isaia 3: 12 come il redattore consideri, quale massima sventura, essere governati da donne!

Interessante l'immagine a Isaia 5: 26 di Yah·weh che convoca i nemici da lontano per punire Yiś·rā·’êl. Ovviamente l'intento del redattore è quello allo stesso tempo di spiegare cose difficilmente spiegabili, come le conquiste nemiche, a meno ovviamente di mettere in questione il loro stesso proposito militaresco di conquistare paesi e massacrarne gli abitanti, cosa che ovviamente contraddirebbe gli insegnamenti di Yah·weh stesso, e ovviamente di rinforzare il sua potere e di quanti si fanno interpreti della parola di questo dio. Tuttavia la toppa, secondo il vostro umile traduttore, appare peggiore del buco in quanto data questa situazione sarebbe meglio non seguirlo questo dio traditore, che prima induce i poveri israeliani a massacrare tutti e poi dà loro la colpa se questi reagiscono!

A Isaia 6: 4 il banale resoconto di un terremoto.

Fa un poco effetto a Isaia 7: 1 sentire il redattore che si felicita della sconfitta del popolo d'Yiś·rā·’êl, essendo passato evidentemente Yah·weh con il popolo di Giuda contro cui questo combatte, non meno di quanto canta Giorgio Gaber dello spostamento del Papa a sinistra e conseguentemente del demonio a destra. Ovviamente a  2 Re il tutto è giustificato a posteriori, ma qui appare particolarmente curioso.

Interessante notare a Isaia 7: 3 come nel passo corrispondente a 2 Re 16: 1 Acaz, a parte essere considerato spregevolmente dal redattore, mai incontra Isaia, che invece si confronta con suo figlio Ezechia.

A Isaia 7: 14 compare la famosa profezia fasulla a cui ha abboccato l’evangelista Matteo sulla “Vergine che concepirà e partorirà un bambino”, senza essere vergine, ma essendo piuttosto già incinta. Da notare che עַלְמָ֗ה (‘al·māh) è persino preceduta, in forma relativamente rara in ebraico, dall’articolo determinativo הָ, spesso usato per indicare qualcosa di specifico e presente, come in Italiano del resto, e che הָרָ֖ה (hā·rāh) non è per nulla un verbo, tantomeno al futuro, ma un aggettivo: si confronti anche Isaia 26: 17, dove addirittura viene utilizzato come predicato, piuttosto che come aggettivo come qui. A parte l'aspetto filologico e, come vedremo in seguito, semantico, ci si domanda balanalmente cosa interessi a un re sotto assedio che, quando sarà morto, apparirà, dopo secoli, un redentore.

Peraltro, come si vede a Isaia 7: 17 la consolazione dura ben poco in quanto, durante la vita di questo bambino, si prevede che il re d'Assiria li conquisterà e massacrerà. Per chi ancora nutra dubbi su a cosa si riferisca Isaia nel verso famoso, si nota come all'epoca di Gesù c'erano i romani, non gli assiri, da lungo tempo scomparsi.

A Isaia 7: 20 cambia di nuovo prevedendo che invece il re d'Assiria sarà distrutto. In breve qualsiasi cosa avvenga ci sarà una previsione realizzata! Ciò a meno che Dio si sia trasformato in un barbiere e si debba intendere la frase letteralmente.

Il traduttore clericale deve capirci pure lui poco dai frequenti cambi di opinione del redattore, così a Isaia 8: 7 si inventa che il fiume travolga gli assiri, quando è evidente dal testo come siano gli assiri stessi a essere paragonati a un fiume che travolga tutto.
Isaia 8: 23 è la prima parte del primo verso del capitolo successivo nel testo ebraico ed evangelico.

Si scopre abbastanza sorprendentemente come Isaia abbia fatto la famosa profezia pro domo sua, come infatti si vede a Isaia 8: 8 Emanuel, qui reso con ConNoi’Êl, non sia altri che il figlio non ancora nato di Isaia stesso: Mahèr-salàl-cash-baz.

Il bambino citato a Isaia 9: 7 è sempre il figlio di Isaia Mahèr-salàl-cash-baz che aveva già chiamato Emanuel (con noi ’Êl) della famosa falsa profezia di Gesù, e che ora assume ancora un nuovo nome. Sempre occorre ricordare che nei resoconti storici a 2 Re non si fa alcun cenno ad alcuno di tali riferimenti, né tanto meno alle previste imprese di questo individuo, probabilmente morto bambino.

Isaia 10: 13 sembra una profezia per la comunità europea, se non fosse che Yah·weh ha rimosso i confini per rubare i tesori degli altri popoli e ucciderne gli abitanti, quindi semmai è un'antecedente dell'attività dei tedeschi durante la seconda guerra mondiale.

Persiste Isaia 10: 14 a chiarire il comportamento tenuto dagli Israeliti nei confronti degli altri popoli; con la massima probabilità vera causa dell'animosità di questi contro loro, piuttosto che dei loro peccati individuati a posteriori. Questa invece si rappresenta come una profezia per gli eserciti degli Israeliani contemporanei che massacrano i Palestinesi, che da parte loro reagiscono come possono.

Si chiarisce a Isaia 10: 15 il razionale stesso di adottare un dio: considerarsi solo un mezzo in mano a lui e quindi sperare di poter fare le peggiori nefansezze senza alcuna responsabilità. Ovviamente questo schema funziona, tuttavia, solo se tutti ci credono.

Poi in Isaia 13: 13 c’è la curiosa ed evidentemente avventata promessa del redattore di lui stesso operare prodigi, con la auspicata assistenza di Yahweh a cui nel mito si attribuiscono poteri che nemmeno si sognava come togliere la terra dalla sua orbita; passando si nota come il fatto che la terra non fosse al centro dell’universo - tanto da poter essere addirittura spostata! - manifesta come questa credenza, che ha creato tanti problemi millenni dopo a Galileo Galileo, non fosse ancora presente quando questi scritti sono stati redatti.

A Isaia 14:12-15 è presente la bizzarra invenzione dell’episodio di Lucifero precipitato dal cielo agli Inferi mediante l’estrapolazione dal contesto da quanto si legge nel resto del capitolo, essendo chiaramente l’oggetto della maledizione sempre il re di Babilonia!

Si torna a Isaia 14: 21 a prescrivere genocidi, assai simili a quelli che sarebbero avvenuti nei campi di concentramento nel ventesimo secolo ai loro danni, ma che non ricevono paragonabile attenzione.

A Isaia 15 i festeggiamenti malvolenti per la distruzione, chissà da parte di chi, di Moab; popolo in odio fin dai tempi di Pî·nə·ḥās è della sua celebrata strage della coppia mista: poi ci si sorprende perché gli israeliani siano in odio a tutti.

E a Isaia 16: 14 Yah·weh ci ripensa sull'apertura per Moab, probabilmente essendosi resi conto che la situazione di Moab è irrecuperabile e non c'è quindi il rischio che si vendichino.

Non è che a Isaia sia riuscita eccellentemente la profezia su Damasco, tra le città conosciute, a Isaia 17: 1 …!

Più che a Yah·weh degli eserciti, la speranza di occupare la Siria a Isaia 17: 3 la dobbiamo alla politica espansionistica sionista che si protrae fino ai nostri giorni, per fortuna tuttora senza successo.

Per i cultori dei giochi di ruolo alla Rogue o NetHack, sembra che Yah·weh disponga di una sorta di anello del conflitto come apparirebbe da Isaia 19: 2.

Come si vede chiaramente a Isaia 19: 6 la parola sūp è riferita a qualcosa nei fiumi che si può seccare, il termine rosso con cui si traduce il termine nell'Esodo, non ha ovviamente alcun senso.

Evidentemente campata in aria la profezia a Isaia 19: 19 sulla diffusione del culto di Yah·weh in Egitto, se si eccettua una breve occupazione del Sinai e naturalmente se non si vuole far corrispondere a questi Allah.

Immaginiamo il traduttore clericale ad affannarsi per ricondurre la profezia a Isaia 19: 20 all'avvento di Gesù, fino al punto di farlo diventare Egiziano, probabilmente.

A Isaia 19: 23-25 spunta un decisamente inedito spirito ecumenico nei confronti dell’Egitto e dell’Assiria che non si trova in nessun’altra parte della Bibbia, né tantomeno nella cultura ebraica contemporanea. Particolarmente enigmatica la parte finale del testo dove si dice, accanto alla ripetizione del fatto che Yiś·rā·’êl sia l’eredità di Yah·weh, che gli Egiziani siano il suo popolo e addirittura l’Assiria opera delle sue mani. Forse un'evoluzione dove conta più il fatto di seguire Yah·weh del popolo che lo fa.

A Isaia 21: 13 si riporta delle foreste dell'Arabia, dove oggi non c'è altro che deserto. O questi testi sono estremamente antichi o forse la datazione dell'ultima glaciazione dovrebbe essere aggiornata.

Gli echi delle leggende Greco-Romane su Nettuno a Isaia 23: 4, dove il nostro fa parlare addirittura il mare.

A Isaia 23: 17-18 ci si prefigge di aspettare settanta anni dopo la distruzione per farla riprenderla e poi requisirgli tutti i beni: da questo brano si evince l’origine dei comportamenti predatori, ma anche la vera natura del termine qō·ḏeš, usualmente e anche in questo brano reso dal alcuni traduttori clericali con sacro e da altri creativamente come "messo da parte", in realtà da intendere come requisizione di beni con la forza.

Evidentemente il nostro invoca a Isaia 24: 20 un terremoto, evidentemente avendolo sperimentato e millantando di poterlo controllare, quando ancora al giorno d'oggi nemmeno si sa quando essi avvengono.

A Isaia 24: 21 un simpatico quadretto in cui si aspetta da Yah·weh che combatta prima i suoi colleghi in cielo, evidentemente ostili al popolo di Yiś·rā·’êl e poi i re. Tra l'altro i traduttori clericali esitano come negli altri casi su come tradurre mā·rō·wm, tra esaltato, cielo e altro a seconda del taglio che vogliono dare alla traduzione.

E anche Isaia a Isaia 24: 23 non ci risparmia la sua apocalisse per un tempo in cui regnerà Yah·weh, cosa che stanno tuttavia ancora aspettando!

Forse anche il clericale più fedele avrà forse un attimo di resipiscenza di fronte a Isaia 25: 1-2 allorché il nostro, in uno animo del tutto malvolente, loda Yah.weh perché sono state distrutte città, probabilmente per terremoti, e morte persone. Si nota pacatamente come in tempi recenti qualcuno che si è felicitato per la morte di un poliziotto è stato condannato a 8 mesi di prigione!

In Isaia 25: 8-10 un testo che sarà di sicuro valorizzato dai monoteisti, se interrompono giudiziosamente la lettura al paragrafo 9, in quanto dal 10 in poi si capisce per quale obiettivo se ne invochi il ritorno! Genericamente si può notare l'insorgenza del culto del cargo rispetto a qualcosa di curioso e non spiegabile con le tecnologie del tempo avvenuto nel passato. Questo è naturalmente tema per gli astroarcheologhi, ma qui notiamo solamente l'improbabilità dell'aspettativa del ritorno di qualcosa che nessuno abbia visto, non meno di come non si possa soffrire per la lontananza di qualcuno che non si sia mai conosciuto o di cui non ci abbiano almeno parlato. È  ovvio come per lo stesso fenomeno avvenuto nelle isole polinesiane, anche qui l'attesa del ritorno sia del tutto vana.

A Isaia 26:17 il significato del termine hā·rāh viene chiarito senza alcun dubbio. Di certo se la donna non è incinta non può avvicinarsi al tempo del parto! 

Indubbiamente i clericali interpreteranno Isaia 26: 19 come una profezia per il giudizio universale, tuttavia al vostro umile traduttore sembra piuttosto quella per i film splatter su morti viventi e zombi!

A Isaia 27: 1 un simpatico bestiario di animali fantastici.

A Isaia 30: 7 il termine sintatticamente plurale miṣ·ra·yim viene correttamente coniugato con verbo plurale, per quanto i traduttori clericali, probabilmente per provare a difendere la singolarità di ‘ĕ·lō·hîm, lo rendono come Egitto e cambiano il verbo al singolare.

Da Isaia 31: 1 sembra di intendere che il qa·dō·wōš d’Yiś·rā·’êl e Yah·weh siano due personaggi diversi.

A Isaia 33: 10 Yah·weh sembra un bambino capriccioso che non si vuole alzare dal letto; in effetti stanno tutti ancora aspettando che lo faccia!

Siamo tutti lasciati a domandarci a Isaia 34: 4 se la scena sia una di Guerre Stellari, oppure sia avvenuto nel passato un combattimento aereo di cui si mantiene ancora memoria al suo tempo.

In Isaia 34: 6, per quanto sia orrida la scena del massacro di animali, stridente è il passaggio rispetto i versi precedenti  e successivi in cui si annunciano massacri immani con la spada insanguinata non certo dai reni grassi di arieti o capri. Dopo questo verso e il successivo, in effetti, si riprende il tono apocalittico e jettatorio tipico di questo libro, lasciando il traduttore e probabilmente il lettore a domandarsi come, quando e perché sia stato inserito questo verso, per così dire addolcito, che richiama i sacrifici e per un attimo fa pensare che si domandi a Yah·weh di scaricare la sua ira contro gli animali, piuttosto che contro le popolazioni, come risulta manifesto nel resto del capitolo e nella maggior parte del libro.
Isaia 35: 5-6 e sgg. sembra parte della canzone di Lucio Dalla: "Caro amico ti scrivo".

Da Isaia 36 il libro si trasforma per un poco in ancora una nuova riproposizione dei fatti descritti nei libri dei Re, a volte usando le stesse parole.

Curiosamente a Isaia 37: 6 il profeta considera bestemmia quanto ripetuto dall'emissario del re d'Assiria di ciò che lui stesso aveva ripetutamente detto a proposito dell'infedeltà del popolo d'Yiś·rā·’êl e di come l'avrebbe messo in mano ai nemici. Evidentemente se lo dice lui va bene, se lo ripetono altri diventa bestemmia! Del resto il nostro aveva evidentemente a disposizione informazioni riservate o una struttura spionistica all'oscuro del re, forse tra i diversi nə·ḇî·’îm in giro, per pronunciarsi così, perché in caso contrario avrebbe potuto banalmente dire di non lamentarsi, in quanto li aveva ripetutamente avvertiti.

Non offre alcun indizio il redattore su cosa sia accaduto alle centinaia di migliaia di guerrieri morti di Isaia 37: 36. Un'epidemia così rapida è improbabile, per quanto lo scorazzamento di un mal·’aḵ viene spesso usato per spiegarle, e anche un terremoto difficilmente potrebbe fare danni simili, se non ovviamente di tipo morale per indurli a fuggire, a prescindere dai morti.

A Isaia 38: 8 il famoso, per quanto futile, ritorno indietro del sole di dieci gradi su indicazione di Isaia. Scartando il fatto che sia successo, dovendo così contestare persino la fisica Newtoniana, ci domandiamo cosa sia davvero avvenuto, se non un'illusione agli occhi del malato, e con tutto l'interesse a credere, Ezechia. La cosa più semplice è ovviamente ruotare la meridiana dieci gradi avanti per far sembrare sia il sole ad essere tornato dieci gradi indietro. Ma ovviamente non si può dire per sicuro in quanto anche in questo caso non vengono forniti indizi né di questo, né della guarigione

In effetti a Isaia 38: 21 un indizio viene dato della malattia e della cura impartita: si parla di una bolla su cui si sia applicato un impiastro di fichi. Assai probabile che la malattia fosse più dolorosa che pericolosa e sia bastato quindi un piccolo rimedio, quale magari fichi ammuffiti con effetto disinfettante.
Isaia 38: 22 appare cadere dal nulla e non alcun seguito nemmeno nel capitolo successivo. Probabile un aggancio futuro per provare ad attaccarci qualcosa che dovesse per qualche motivo capitare.

Allucinante la risposta di Ezechia a Isaia 39: 8. A parte rallegrarsi, con un poco di malevolenza, per la delusione di Isaia che si sarebbe aspettato tutt'altra risposta, dopo che Ezechia lo aveva pregato con tanta insistenza per la sua vita al capitolo precedente e l'attenzione che ha tutto il popolo ebraico per la propria discendenza. In realtà riecheggia lo spirito vagamente Zen e Nichilista di Qō·he·leṯ dell'Ecclesiaste, che evidentemente percorre la cultura ebraica sotto traccia rispetto la grande tradizione sionista per l'ingrandimento del dominio terriero e della ricchezza. Dualità che compare anche nell'umorismo nero ebraico. 

Probabilmente da Isaia 40: 22 la teoria terrapiattista che ha informato la cultura primigenia cristiana e perseguitato Galileo. Se non fosse che il termine ‘ā·reṣ, come sappiamo, significa un'estensione di territorio che può quindi essere circolare, quadrata, ovale o come crede.

In Isaia 42: 5 è presente un curioso appellativo di Yah·weh: al posto di ’ă-ḏō-nāy, tranquillamente tradotto come “il signore”, compare ‘el; se il vostro umile traduttore non sbaglia, si tratta dell’unica volta nella Bibbia che i due termini siano associati.

Per quanto Gesù, o chi ne ha narrato agiograficamente le gesta, si sia impegnato a rispettare la profezia di Isaia 43: 2 nel camminare sulle acque, ha trascurato di farlo transitare per il fuoco, per mostrare di essere sotto la protezione di Yah·weh, e trasformarlo in una sorta di fachiro.

A Isaia 44: 6 il traduttore clericale traduce senza batter ciglio ‘ĕ·lō·hîm al plurale come dei, evidentemente qui non ravvisando il plurale d'intensità o qualsiasi altro costrutto utile per farlo diventare singolare, come in altri casi.

In Isaia 45: 7 risulta chiaro come Yah·weh, si identifichi o meno con Dio, si arroghi la qualità di fare la luce e le tenebre, la pace e il male,  utilizzando peraltro due verbi distinti per le due cose, quasi a dire che si attribuisce maggiore titolarità per le tenebre e il male che per la lue e la pace, utilizzando per le prime qualità il verbo/sostantivo ḇō·w·rê che viene usualmente tradotto come creatore, a differenza delle altre qualità.

A Isaia 45: 6 si presenta il parallelo con oggetti prodotti che non possono interagire con chi li ha fatti. Non ancora esprime la posizione più moderna dell'orologio trovato di cui l'unica cosa che si possa dire di sicuro è che un'artigiano lo abbia fatto. Tuttavia con questa argomentazione condivide gli aspetti critici ben noti.
Isaia 46: 7 fa pensare alle processioni di paese dietro la statua di un santo. Il comportamento sembra censurato da millenni, e nonostante questo si continua a fare con entusiasmo.

La profezia a Isaia 51: 6 risulta ampiamente esagerata…

Di nuovo a Isaia 52: 12 sembra si faccia riferimento a due entità differenti: in effetti pongono Yah·weh di fronte e l'’ĕ·lō·hê d'Yiś·rā·’êl come retroguardia. Immaginiamo i teologi non si scompongano troppo, magari dichiarando ciò un mistero oppure tra i diversi poteri di Yah·weh postulando anche la bilocazione, per quanto di essa non si sia mai parlato.
Isaia 53 si presenta davvero in modo misterioso e fuori contesto, probabilmente la più credibile profezia per l’avvento di un povero Cristo che si da tanto da fare per poi prendersi la colpa di tutti. Certamente il teologo monoteista non può far altro che attribuirla a Gesù, ma quanti di noi del nostro mondo potrebbero attribuire la profezia alla propria stessa vita?! Per quanto al paragrafo 8 si parla anche della sua generazione che sarà afflitta, molto probabile che si tratti quindi di qualcuno ben più prossimo a chi parla. Annotiamo che questo contenuto non viene più ripreso per essere chiarito.

Forse da Isaia 54: 5 la tradizione di chiamare le suore spose del Signore, parola che, come sappiamo, viene usata tanto per designare Gesù, che per tradurre Yah·weh, per alimentare volontariamente la confusione.

Si dettagliano a Isaia 55: 1, abbastanza imprevedibilmente per la cultura ebraica, le basi della spesa proletaria della sinistra extra-parlamentare degli anni '70 del '900.

A Isaia 55: 5 ancora una forma curiosa dove Yah·weh e il qə·ḏō·wōš d'Yiś·rā·’êl appaiono come due soggetti diversi, tanto da essere divisi da una congiunzione. Per non sollevare pericolosi interrogativi, il traduttore monoteista si fa un bel boccone della congiunzione per far diventare la seconda parte un’apposizione della prima; e dire che sulla congiunzione nella profezia sulla nascita di Emanuele si costruisce la verginità della madonna, passando tranquillamente sopra ad avverbi che diventano verbi, e a ragazze che tornano vergini.

Da Isaia 55: 6 si comprende che Yah·weh resti per poco e così occorra sbrigarsi a contattarlo. Un'ulteriore suggestione per l'insorgenza del culto del cargo rispetto visitatori extraterrestri del passato.

Peraltro la curiosa congiunzione, questa volta non mitigata nemmeno dal traduttore clericale, compare al verso Isaia 55: 7, tra Yah·weh e il ‘nostro ‘ĕ·lō·hê’, mostrando si tratti di due personaggi diversi.

L'espressione a Isaia 58: 4 viene parzialmente ripresa da Gesù come si vede a Matteo 6: 16-17. Per quanto in quell'occasione ci si preoccupa di non essere visti dagli altri, ma proprio dal Padre presumibilmente collocato in alto, non dall'alto come in questo brano. In entrambe i casi non viene comunque chiarito cosa possa essere apprezzato dalle divinità del fatto di digiunare. Per quanto, come si vede nel seguito, qui viene dato un messaggio più elevato di quello del brano corrispondente del Vangelo, per cui il vero digiuno è astenersi dal fare male. Per quanto ovviamente secondo i costumi dettati loro.

Come si vede a Isaia 58: 14 il trattenersi dal male non è visto come un obiettivo in se stesso per stare bene, ma al gretto scopo di essere favoriti da Yah·weh. Ovviamente questa contaminazione utilitaristica permane al giorno d'oggi, quando i cristiani fanno il bene allo scopo, altrettanto incerto di quanto sia in questo brano, di assicurarsi il paradiso e far finire gli altri all'inferno!

Fra tutte le bizzarre profezie, nessuna delle quali si è ovviamente realizzata, brilla quella a Isaia 60: 21, che probabilmente risultava una fake news anche al redattore!

A Isaia 60: 22 appare ancora un volta l’ingenuità del popolo ebraico, che ancora sta aspettando che le promesse di Yah·weh siano speditamente applicate. Per quanto oramai l’esercito israeliano abbia sviluppato armamenti tali da rendere persino inutile il sostegno di Yah·weh per le loro guerre, essi continuano pur tuttavia a invocare il suo ritorno, per cosa, davvero non si riesce a capirlo; se non ovviamente per giustificare la loro politica espansiva forse considerando i loro carri armati la mano di Yah·weh. Del resto, per come è scritto questo libro, ci si può fare davvero quello che si crede.

Il passo a Isaia 63: 5 ricorda quello del principe del Conte di Montecristo che aveva messo la vendetta al centro della sua vita. Per quanto almeno questi al termine del romanzo ha un atto di resipiscenza, al contrario di quanto tratteggiato in questo libro.

Ancora a Isaia 63: 15 si tratteggia questo anelito verso il ritorno dall'alto di qualcuno già venuto nel passato. Difficile non pensare ancora al culto del cargo rispetto visite anomale nei tempi passati che sono state spiritualizzate, non essendo state comprese.

L'ultimo verso di Isaia 63: 19 è in realtà il primo verso del capitolo successivo nel testo ebraico ed evangelico.

GÉNERO
Religión y espiritualidad
PUBLICADO
2017
16 de diciembre
IDIOMA
IT
Italiano
EXTENSIÓN
188
Páginas
EDITORIAL
None
VENTAS
Fabrizio Bartolomucci
TAMAÑO
17.5
MB

Más libros de Fabrizio Bartolomucci

Marco Marco
2023
Pizzo Marinella Pizzo Marinella
2020
Bibbia Traduzione Letterale: Sapienza Bibbia Traduzione Letterale: Sapienza
2020
Bibbia traduzione letterale: Malachia Bibbia traduzione letterale: Malachia
2018
Bibbia traduzione letterale: Zaccaria Bibbia traduzione letterale: Zaccaria
2018
Bibbia traduzione letterale: Aggeo Bibbia traduzione letterale: Aggeo
2018

Otros libros de esta serie

Bibbia Traduzione Letterale: Geremia Bibbia Traduzione Letterale: Geremia
2018
Bibbia traduzione letterale: Lamentazioni Bibbia traduzione letterale: Lamentazioni
2018
Bibbia traduzione letterale: Baruc Bibbia traduzione letterale: Baruc
2018
Bibbia traduzione letterale: Ezechiele Bibbia traduzione letterale: Ezechiele
2018
Bibbia traduzione letterale: Daniele Bibbia traduzione letterale: Daniele
2018
Bibbia traduzione letterale: Osea Bibbia traduzione letterale: Osea
2018