Divina Commedia. Inferno
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Descrizione dell’editore
Dante è innanzitutto custode della nostra memoria e garanzia della nostra identità. Fu il primo a pensare l’Italia come lingua, come nazione e come stato, e quindi pensarsi italiani significa pensare come Dante e con Dante. Se, per un’assurda ipotesi, Dante venisse cancellato dalla nostra storia, verrebbe meno il fondamento della nostra identità di Italiani. L’abbraccio di Virgilio e Sordello, nel VI del Purgatorio, è il simbolo di un legame che, al di là delle epoche, i luoghi e le ideologie, soggiace a tutte le differenze e a tutti i conflitti che pur separano, a volte dolorosamente, gli abitanti di questa penisola. Ma oltre che custode e garante del passato, Dante è anche proiezione di futuro, nel senso che la sua opera, così carica di visionaria progettualità, indica ai posteri, cioè a noi, valori e finalità che oggi appaiono non semplicemente nobili e virtuosi per il tempo che fu suo, ma validi, e forse addirittura necessari, per alimentare fiducia nel futuro non solo degli Italiani ma dell’umanità nel suo insieme, o, almeno, della civiltà della quale noi Italiani siamo partecipi, e quindi in un orizzonte molto più ampio del nostro stato-nazione.
Vittima dei conflitti che insanguinavano Firenze alla fine del 200’ e costretto a un esilio che sarebbe durato tutta la vita, Dante immaginò la Commedia come una romanzesca corte di giustizia, cioè un tribunale, in cui l’innocenza e la colpevolezza degli esseri umani potessero essere sanzionate in modo definitivo e inappellabile. L’aldilà che il testo descrive, nel suo insieme, è metafora di una giustizia che svolge sul piano della finzione letteraria il compito che la politica non era più in grado di svolgere sul piano del reale. Esso è quindi stato inizialmente pensato per risarcire l’umanità (e l’autore dell’opera) di una giustizia che all’umanità è stata sottratta dal mostro che ne ha sviato il cammino: l’avidità, cioè la passione del denaro, che ha trasformato le sue guide, politiche e religiose, in lupi famelici e corrotti. La giustizia sarà utopicamente restaurata dal Poema, nel senso che nel suo universo romanzesco Dante darà finalmente “cuique suum”, cioè a ciascuno il castigo e il premio che ha meritato.